DIARIO DI VIAGGIO IN CAMPERMILANO - GRECIA VIA TERRA PER UN GRAN MIX DI MARE E MONTAGNA
6133 km23 giorni
Venerdì 28 luglio è un giorno memorabile:
dopo 6 estati lontane dal mare (quello “vero” nel quale sguazzare pacatamente),
ci stiamo realmente dirigendo verso sud! Prendendola larga. Prima tappa:
Gorizia. Si dorme e si riparte. Slovenia, Croazia (strada interna) e Serbia.
Nonostante le 3 ore di coda in frontiera tra Croazia e Serbia, prima del buio
arriviamo all’area sosta camper di Belgrado.

Accolti da cani randagi e dai loro
escrementi, crolliamo per la stanchezza. Purtroppo i 3km che ci separano dal
centro città si rivelano una passeggiata ad ostacoli lungo marciapiedi
inesistenti, automobilisti indisciplinati e costruzioni decadenti. Cumuli di
spazzatura impediscono inquadrature fotografiche adeguate del mausoleo di Tito
e il caldo soffocante aggrava l’atmosfera.
Nemmeno la vista del maestoso
Danubio riesce a risollevare l’umore a bordo, squagliato dalla calura. Agosto
probabilmente non è il periodo migliore per poter scoprire le meraviglie di
questi luoghi. Armati di tanta calma e pazienza affrontiamo anche la successiva
interminabile coda in dogana (Serbia-Macedonia) e il dissesto delle strade
Macedoni. E’ notte fonda quando spegniamo il motore nell’area sosta di
Salonicco in mezzo ai TIR e sotto un’aria ancora torrida. Alle prime luci
dell’alba stiamo già viaggiando verso il mare: l’afa smonta in noi qualsiasi
ulteriore interesse culturale. La Torre Bianca sarà per un’altra volta.
Puntiamo al dito centrale della Penisola Calcidica: nel Camping Areti (sud ovest di Sithonia, appena dopo Porto Carras) sistemiamo sdraio, tavolo e sedie
all’ombra degli ulivi e cominciamo a gonfiare i kayak. Vari isolotti a portata
di pagaia invitano alla scoperta di calette dove tirare in secca le nostre
imbarcazioni e rituffarci con maschera e pinne.


Al primo tuffo vediamo una
murena, al secondo un polpo e ci sembra di essere finiti in un acquario. La
vacanza è decisamente svoltata.
La sera caschiamo nell’adiacente Fish Tavern
dove un'insalata greca è talmente ricca da bastare per quattro, i calamari alla
griglia sono i più buoni che io abbia mai mangiato e il mussaka una
prelibatezza. 50€ in quattro, compreso vino e tavolino vista
mare.
Lasciato il camping Areti percorriamo la penisola di Sithonia in
senso antiorario, pranziamo a Porto Koufo aprendo la veranda in spiaggia e risaliamo
fino alla famosa Vourvourou, con i suoi scogli lisci come sdraio naturali, un
mare meravigliosamente azzurro e .. un’inevitabile calca di turisti che la
invadono.


Facciamo inversione, ridiscendiamo verso Sarti per sistemarci infine
a Kriaritsi Beach di fianco a un camper di emiliani.
Ci concediamo un bagno al tramonto, vediamo il sole spuntare dietro al Monte Athos e pagaiamo, pagaiamo,
pagaiamo in un’acqua talmente trasparente che sembra di essere sospesi in aria.




Ammirare l'alba dall'oblò, scendere dal
camper a piedi nudi direttamente sulla sabbia e fare il bagno in una spiaggia
rimasta deserta dopo il calare del sole, sono i privilegi del campeggio libero.
Non poter lasciare nulla fuori dal camper; lavarsi con uno schizzo d'acqua
e andare a dormire con i capelli pieni di sale; pinne e maschere ad ingombrare il bagno e asciugamani umidi sul cruscotto, a emanare eterno odore di
salsedine, sono il prezzo del privilegio.
I nostri vicini emiliani, che ci
vedono scendere in quattro e poi tirare fuori anche i kayak (loro che sono in
due in un motorhome), esclamano ai "miracoli del Wingamm", ma io
chiudo svelta la porta perché non vedano in che condizioni siamo messi lì
dentro! Quando arriviamo a doverci fare la "doccia" con una bottiglia
di acqua minerale, decidiamo che è ora di rimetterci in pista.
Vista la notte
boccheggiante, puntiamo alla montagna. Superiamo qualche fontana secca (è
proprio un anno di grave siccità, incendi continui e un caldo impegnativo).
Un
benzinaio nel deserto ci dice che ha un rubinetto: "How much?"
"Uat iu uont. Uat iu uont. Gut uoter gut" Per 5€ riempiamo 100 litri
di serbatoio; il benzinaio sembra contento; noi felicissimi e rincuorati,
proseguiamo verso il Monte Olimpo.
La strada termina a Prionia dove troviamo
uno spiazzo nel quale appartarci. Leggiamo su internet la relazione
dell'escursione: il Monte Olimpo presenta una serie di vette, la più alta delle
quali è la Cima Mitikas a 2918 m. Si consigliano due giorni con pernottamento
in rifugio, ma noi non abbiamo né sacchi letto né abbigliamento adatto ad una
notte in quota.



Puntiamo la sveglia alle 5:30 del mattino per farcela in
giornata e partiamo molto leggeri appena albeggia: scarpe da ginnastica e due zainetti "da spiaggia" con acqua, barrette e frutta secca.
Non
siamo attrezzati: chi avrebbe pensato di dover portare scarponcini da trekking
o zaini da montagna in Grecia?? Non ci resta che correre.
Alle 8:30 siamo al
Rifugio A, Spilios Agapitos, a 2100 m, proseguiamo al colle che guarda sul
trono di Zeus e con un ultimo tratto di roccette arriviamo alla Vetta Mitikas.




Lungo la discesa incontriamo dei camosci: sono della sottospecie balcanica, un
pò più piccoli dei nostri, e si lasciano ammirare abbastanza da vicino. Non
avremmo proprio immaginato di vedere camosci qui!


Dopo 2043 m di dislivello e
24 km di sviluppo, rientriamo al camper sfiniti ma soddisfatti. “Il bello della
montagna è che ti permette di superare i limiti che pensavi di avere, ma che in
realtà non hai” ci spiega Nadia. Il mattino dopo, quando cerco di girarmi per
calarmi dal letto basculante (al quale è stata rimossa la scala per questioni
di spazio), mi rendo conto che il mio limite aveva qualcosa di reale: mi sento
paralizzata dai glutei in giù, i muscoli intasati di acido lattico e le gambe
di legno. Tanto ci aspetta un trasferimento.
Grazie alla chat con un collega
Greco, ho avuto qualche dritta sulla Penisola del Pelion, dove ci dirigiamo
seguendo le sue preziose indicazioni.
Arrivando da Volos procediamo lungo il perimetro
della penisola verso sud con una sosta nella bellissima Platanias. Il Pelion è tutta curve, monti e mare: prima di poter risalire la costa est, ci troviamo ad arrampicarci lungo una tortuosa e stretta stradina "alpina", con i suoi paesini caratteristici, le case in pietra e legno e le piazze ricche di
tavolini all'ombra di giganteschi platani. Il verde delle montagne che arriva
fino al mare offre una rassicurante idea di freschezza, l'acqua appare
ovunque cristallina, disseminata di piccole baie nascoste tra gli scogli che
sembrano fatte apposta per il kayak.




Tiriamo sera a Labinion Beach, un eden per
lo snorkeling, per poi procedere fino al Campeggio Papa Nero di Ag. Ioannis,
ombreggiato, ordinato e collegato al centro paese (ovvero al lusso di un
supermercato, taverne, gelaterie a portata di mano) da una piacevolissima
passeggiata lungo mare. È il momento giusto per una sosta di più giorni ricca
di nuotate, salti tra le onde e serate in taverna. Docce a volontà,
cartoline per i nonni e lavelli per i piatti completano il "pacchetto
comfort". Dalla spiaggia del campeggio arriviamo in kayak fino al minuscolo e incantevole porticciolo di Damaouchari,
dove sono state girate alcune scene del musical “Mamma Mia” e il mare è così
ricco di vita e di colori (vediamo un vermecane!) che i ragazzi scelgono di
fare l’ultimo tratto di rientro a nuoto mentre noi facciamo da barche di
appoggio agli atleti.
Il collega greco ha detto di non perdersi assolutamente
Milopotamos, quindi un bel giorno si riparte: pochi km e parcheggiamo come
sempre vista mare.
Vediamo un altro polpo, esploriamo le insenature e saltiamo le
onde anche qui (grazie al tipico Meltemi).
In spiaggia c'è sia una taverna
che una doccia! Usufruiamo di entrambe e andiamo a letto puliti e contenti.
Nonostante questo paradiso terrestre (effettivamente un po’ caldo), la metà
maschile dell'equipaggio torna a soffrire di crisi di astinenza da montagna:
con una tappa più lunga ci trasferiamo ad ovest. Ho letto, su vari diari di
viaggio, del Parco Naturale dei Monti del Pindo a Nord di Ioannina, al confine
con l’Albania. L'ufficio turistico sulla strada per Monodendri ci fornisce
indicazioni su escursioni e punti panoramici, precisando che non esistono
campeggi in tutto il parco: "Dormite dove volete, ma vi suggeriamo di
restare vicino ad un paese, perché abbiamo gli orsi". 
Passiamo ben 3
giorni in questa Grecia inaspettata, che ci appare come un mix tra il Grand
Canyon, la savana e una foresta pluviale.
A Vradeto avvistiamo un ghiro, una
lepre e tre stelle cadenti, ma nessun orso.
Ormai esperti per necessità
nell'approvvigionamento di acqua, scorgiamo a distanza qualsiasi somiglianza ad
una fontana e, in mancanza di queste, abbiamo imparato a chiedere.
Nel paesino
di Kapesovo finiamo per caricare 4 taniche, lavare la frutta e sciacquare
la GoPro direttamente nel giardino di una casa, grazie alle indicazioni
di due anziane signore che a gesti e "Panoa! Panoa!" (?? o qualcosa
di simile) ci guidano verso la canna di irrigazione.
Attraversiamo i ponti di
pietra di Kipi; ci affacciamo alle profondissime gole di Vikos dal punto
panoramico di Oxia e da quello ancora più impressionante di Beloi; a Micro
Papigo camminiamo lungo il corso del fiume saltando le piscine naturali create
dal suo scorrere; ci rinfreschiamo sotto le cascate di Iliochori; mangiamo
carne (in particolare deliziosi suflaki di agnello) nella taverna di Megalo
Papigo e soprattutto, per la gioia degli uomini, dormiamo freschissimi a 16-18 gradi.

Per par condicio si decide di dedicare gli ultimi due giorni greci al
mare anche per pulire per bene l'attrezzatura da spiaggia prima di riporla
definitivamente. Comincia un'estenuante e fallimentare ricerca di un campeggio
tranquillo su e giù per la costa ovest tra Parga e dintorni. Non basta vagare
370km per trovare quello che per noi significa "tranquillo": è la
settimana di ferragosto, camper e tende sono ammassati uno sull'altro, radio e
televisioni fanno da contorno senza alcuna delimitazione tra piazzole e spesso
nemmeno tra zona auto e zona camper. Probabilmente viziati da troppi anni negli
spazi immensi del nord, non riusciamo ad accettare queste sistemazioni.
Stremati ed esausti, a mezzanotte ci fermiamo al porto di Plataria e di primo
mattino riaccendiamo il motore puntando sul sicuro: 480 km e siamo di nuovo al
Campeggio Areti.
Tra l'altro l'idea di far coincidere tappa iniziale e finale
del tour ci ispira pensieri profondi sul ciclo della vita, la ruota che gira e
altra pseudo filosofia adattissima ad una serata sotto la veranda. Le piazzole
vista mare sono affollate anche qui, ma noi rinunciamo volentieri alla
pole-position in cambio di uno spazio vitale appropriato. In questo campeggio
non esistono né musica né animazione né beach bar; esiste il silenzio che piace
a noi.
Gonfiamo ancora una volta i kayak. Sentendoci ormai abili rematori,
osiamo avventurarci fino ad un'isola che a inizio vacanza avevamo ritenuto
troppo lontana e con l'ultimo tuffo Nadia incontra, anzi si scontra, con una
medusa. Questa ci mancava!
Salutiamo la Grecia con un gran finale nella
"nostra" Fish Tavern e quindi, memori dell'incubo frontiere,
calcoliamo la partenza prevedendo un attraversamento notturno della Serbia.
Forse però non esistono "orari intelligenti": un'ora di coda tra
Macedonia e Serbia e ben altre 3 tra Serbia e Croazia. Dormiamo in un autogrill
croato appena passato il confine e poi dritti in Slovenia, dove ci sembra di
essere finiti in Svizzera. Non esiste una cartaccia per terra, le aree di sosta
sono dotate di wc puliti (mimetizzati dietro raffinate strutture di legno) e
ordinati cestini per la raccolta differenziata!
A Bovec, nel cuore del Parco
Naturale del Triglav, ci tuffiamo nell'Isonzo, riabituandoci all'acqua dolce e frizzante, e ci fermiamo per la notte nella quiete
assoluta del bosco. Il giorno successivo, superando la disabitata frontiera Slovenia-Italia, gioiamo con profonda gratitudine a Schengen.
DIARIO DI VIAGGIO IN CAMPERMILANO - GRECIA VIA TERRA PER UN GRAN MIX DI MARE E MONTAGNA
6133 km
23 giorni
Nonostante le 3 ore di coda in frontiera tra Croazia e Serbia, prima del buio arriviamo all’area sosta camper di Belgrado.

La sera caschiamo nell’adiacente Fish Tavern dove un'insalata greca è talmente ricca da bastare per quattro, i calamari alla griglia sono i più buoni che io abbia mai mangiato e il mussaka una prelibatezza. 50€ in quattro, compreso vino e tavolino vista mare.


Facciamo inversione, ridiscendiamo verso Sarti per sistemarci infine a Kriaritsi Beach di fianco a un camper di emiliani.
Ammirare l'alba dall'oblò, scendere dal
camper a piedi nudi direttamente sulla sabbia e fare il bagno in una spiaggia
rimasta deserta dopo il calare del sole, sono i privilegi del campeggio libero.
Non poter lasciare nulla fuori dal camper; lavarsi con uno schizzo d'acqua
e andare a dormire con i capelli pieni di sale; pinne e maschere ad ingombrare il bagno e asciugamani umidi sul cruscotto, a emanare eterno odore di
salsedine, sono il prezzo del privilegio.
Vista la notte boccheggiante, puntiamo alla montagna. Superiamo qualche fontana secca (è proprio un anno di grave siccità, incendi continui e un caldo impegnativo).
Non siamo attrezzati: chi avrebbe pensato di dover portare scarponcini da trekking o zaini da montagna in Grecia?? Non ci resta che correre.

Lungo la discesa incontriamo dei camosci: sono della sottospecie balcanica, un
pò più piccoli dei nostri, e si lasciano ammirare abbastanza da vicino. Non
avremmo proprio immaginato di vedere camosci qui!



Tiriamo sera a Labinion Beach, un eden per
lo snorkeling, per poi procedere fino al Campeggio Papa Nero di Ag. Ioannis,
ombreggiato, ordinato e collegato al centro paese (ovvero al lusso di un
supermercato, taverne, gelaterie a portata di mano) da una piacevolissima
passeggiata lungo mare. È il momento giusto per una sosta di più giorni ricca
di nuotate, salti tra le onde e serate in taverna.
Docce a volontà,
cartoline per i nonni e lavelli per i piatti completano il "pacchetto
comfort". Dalla spiaggia del campeggio arriviamo in kayak fino al minuscolo e incantevole porticciolo di Damaouchari,
dove sono state girate alcune scene del musical “Mamma Mia” e il mare è così
ricco di vita e di colori (vediamo un vermecane!) che i ragazzi scelgono di
fare l’ultimo tratto di rientro a nuoto mentre noi facciamo da barche di
appoggio agli atleti.
Vediamo un altro polpo, esploriamo le insenature e saltiamo le onde anche qui (grazie al tipico Meltemi).
A Vradeto avvistiamo un ghiro, una
lepre e tre stelle cadenti, ma nessun orso.
Ormai esperti per necessità
nell'approvvigionamento di acqua, scorgiamo a distanza qualsiasi somiglianza ad
una fontana e, in mancanza di queste, abbiamo imparato a chiedere. Nel paesino di Kapesovo finiamo per caricare 4 taniche, lavare la frutta e sciacquare la GoPro direttamente nel giardino di una casa, grazie alle indicazioni di due anziane signore che a gesti e "Panoa! Panoa!" (?? o qualcosa di simile) ci guidano verso la canna di irrigazione.
Attraversiamo i ponti di pietra di Kipi; ci affacciamo alle profondissime gole di Vikos dal punto panoramico di Oxia e da quello ancora più impressionante di Beloi; a Micro Papigo camminiamo lungo il corso del fiume saltando le piscine naturali create dal suo scorrere; ci rinfreschiamo sotto le cascate di Iliochori; mangiamo carne (in particolare deliziosi suflaki di agnello) nella taverna di Megalo Papigo e soprattutto, per la gioia degli uomini, dormiamo freschissimi a 16-18 gradi.
Per par condicio si decide di dedicare gli ultimi due giorni greci al mare anche per pulire per bene l'attrezzatura da spiaggia prima di riporla definitivamente. Comincia un'estenuante e fallimentare ricerca di un campeggio tranquillo su e giù per la costa ovest tra Parga e dintorni. Non basta vagare 370km per trovare quello che per noi significa "tranquillo": è la settimana di ferragosto, camper e tende sono ammassati uno sull'altro, radio e televisioni fanno da contorno senza alcuna delimitazione tra piazzole e spesso nemmeno tra zona auto e zona camper. Probabilmente viziati da troppi anni negli spazi immensi del nord, non riusciamo ad accettare queste sistemazioni. Stremati ed esausti, a mezzanotte ci fermiamo al porto di Plataria e di primo mattino riaccendiamo il motore puntando sul sicuro: 480 km e siamo di nuovo al Campeggio Areti.
Salutiamo la Grecia con un gran finale nella
"nostra" Fish Tavern e quindi, memori dell'incubo frontiere,
calcoliamo la partenza prevedendo un attraversamento notturno della Serbia.
Forse però non esistono "orari intelligenti": un'ora di coda tra
Macedonia e Serbia e ben altre 3 tra Serbia e Croazia. Dormiamo in un autogrill
croato appena passato il confine e poi dritti in Slovenia, dove ci sembra di
essere finiti in Svizzera. Non esiste una cartaccia per terra, le aree di sosta
sono dotate di wc puliti (mimetizzati dietro raffinate strutture di legno) e
ordinati cestini per la raccolta differenziata!
A Bovec, nel cuore del Parco Naturale del Triglav, ci tuffiamo nell'Isonzo, riabituandoci all'acqua dolce e frizzante, e ci fermiamo per la notte nella quiete assoluta del bosco. Il giorno successivo, superando la disabitata frontiera Slovenia-Italia, gioiamo con profonda gratitudine a Schengen.
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