DIARI DI VIAGGIO IN CAMPER

I NOSTRI DIARI DI VIAGGIO IN CAMPER

Tra strade sconnesse e natura alla riscossa, sogniamo i nomadi, inseguiamo le renne e cavalchiamo le onde. Una doccia sotto le stelle, l'immensità da contemplare e la bussola puntata verso le emozioni per non perdere la retta via.

domenica 20 agosto 2017

GRECIA - AGOSTO 2017


DIARIO DI VIAGGIO IN CAMPER
MILANO - GRECIA VIA TERRA PER UN GRAN MIX DI MARE E MONTAGNA

6133 km
23 giorni

Venerdì 28 luglio è un giorno memorabile: dopo 6 estati lontane dal mare (quello “vero” nel quale sguazzare pacatamente), ci stiamo realmente dirigendo verso sud! Prendendola larga. Prima tappa: Gorizia. Si dorme e si riparte. Slovenia, Croazia (strada interna) e Serbia.

Nonostante le 3 ore di coda in frontiera tra Croazia e Serbia, prima del buio arriviamo all’area sosta camper di Belgrado.








Accolti da cani randagi e dai loro escrementi, crolliamo per la stanchezza. Purtroppo i 3km che ci separano dal centro città si rivelano una passeggiata ad ostacoli lungo marciapiedi inesistenti, automobilisti indisciplinati e costruzioni decadenti. Cumuli di spazzatura impediscono inquadrature fotografiche adeguate del mausoleo di Tito e il caldo soffocante aggrava l’atmosfera.
 

Nemmeno la vista del maestoso Danubio riesce a risollevare l’umore a bordo, squagliato dalla calura. Agosto probabilmente non è il periodo migliore per poter scoprire le meraviglie di questi luoghi. Armati di tanta calma e pazienza affrontiamo anche la successiva interminabile coda in dogana (Serbia-Macedonia) e il dissesto delle strade Macedoni. E’ notte fonda quando spegniamo il motore nell’area sosta di Salonicco in mezzo ai TIR e sotto un’aria ancora torrida. Alle prime luci dell’alba stiamo già viaggiando verso il mare: l’afa smonta in noi qualsiasi ulteriore interesse culturale. La Torre Bianca sarà per un’altra volta.


Puntiamo al dito centrale della Penisola Calcidica: nel Camping Areti (sud ovest di Sithonia, appena dopo Porto Carras) sistemiamo sdraio, tavolo e sedie all’ombra degli ulivi e cominciamo a gonfiare i kayak. Vari isolotti a portata di pagaia invitano alla scoperta di calette dove tirare in secca le nostre imbarcazioni e rituffarci con maschera e pinne.
 






Al primo tuffo vediamo una murena, al secondo un polpo e ci sembra di essere finiti in un acquario. La vacanza è decisamente svoltata. 

La sera caschiamo nell’adiacente Fish Tavern dove un'insalata greca è talmente ricca da bastare per quattro, i calamari alla griglia sono i più buoni che io abbia mai mangiato e il mussaka una prelibatezza. 50€ in quattro, compreso vino e tavolino vista mare. 

Lasciato il camping Areti percorriamo la penisola di Sithonia in senso antiorario, pranziamo a Porto Koufo aprendo la veranda in spiaggia e risaliamo fino alla famosa Vourvourou, con i suoi scogli lisci come sdraio naturali, un mare meravigliosamente azzurro e .. un’inevitabile calca di turisti che la invadono. 




Facciamo inversione, ridiscendiamo verso Sarti per sistemarci infine a Kriaritsi Beach di fianco a un camper di emiliani. 

Ci concediamo un bagno al tramonto, vediamo il sole spuntare dietro al Monte Athos e pagaiamo, pagaiamo, pagaiamo in un’acqua talmente trasparente che sembra di essere sospesi in aria.

 
Ammirare l'alba dall'oblò, scendere dal camper a piedi nudi direttamente sulla sabbia e fare il bagno in una spiaggia rimasta deserta dopo il calare del sole, sono i privilegi del campeggio libero. 

 

Non poter lasciare nulla fuori dal camper; lavarsi con uno schizzo d'acqua e andare a dormire con i capelli pieni di sale; pinne e maschere ad ingombrare il bagno e asciugamani umidi sul cruscotto, a emanare eterno odore di salsedine, sono il prezzo del privilegio.

I nostri vicini emiliani, che ci vedono scendere in quattro e poi tirare fuori anche i kayak (loro che sono in due in un motorhome), esclamano ai "miracoli del Wingamm", ma io chiudo svelta la porta perché non vedano in che condizioni siamo messi lì dentro! Quando arriviamo a doverci fare la "doccia" con una bottiglia di acqua minerale, decidiamo che è ora di rimetterci in pista. 

Vista la notte boccheggiante, puntiamo alla montagna. Superiamo qualche fontana secca (è proprio un anno di grave siccità, incendi continui e un caldo impegnativo). 

Un benzinaio nel deserto ci dice che ha un rubinetto: "How much?" "Uat iu uont. Uat iu uont. Gut uoter gut" Per 5€ riempiamo 100 litri di serbatoio; il benzinaio sembra contento; noi felicissimi e rincuorati, proseguiamo verso il Monte Olimpo. 

La strada termina a Prionia dove troviamo uno spiazzo nel quale appartarci. Leggiamo su internet la relazione dell'escursione: il Monte Olimpo presenta una serie di vette, la più alta delle quali è la Cima Mitikas a 2918 m. Si consigliano due giorni con pernottamento in rifugio, ma noi non abbiamo né sacchi letto né abbigliamento adatto ad una notte in quota. 

 

Puntiamo la sveglia alle 5:30 del mattino per farcela in giornata e partiamo molto leggeri appena albeggia: scarpe da ginnastica e due zainetti "da spiaggia" con acqua, barrette e frutta secca. 

Non siamo attrezzati: chi avrebbe pensato di dover portare scarponcini da trekking o zaini da montagna in Grecia?? Non ci resta che correre.

Alle 8:30 siamo al Rifugio A, Spilios Agapitos, a 2100 m, proseguiamo al colle che guarda sul trono di Zeus e con un ultimo tratto di roccette arriviamo alla Vetta Mitikas. 



 


 

Lungo la discesa incontriamo dei camosci: sono della sottospecie balcanica, un pò più piccoli dei nostri, e si lasciano ammirare abbastanza da vicino. Non avremmo proprio immaginato di vedere camosci qui!




Dopo 2043 m di dislivello e 24 km di sviluppo, rientriamo al camper sfiniti ma soddisfatti. “Il bello della montagna è che ti permette di superare i limiti che pensavi di avere, ma che in realtà non hai” ci spiega Nadia. Il mattino dopo, quando cerco di girarmi per calarmi dal letto basculante (al quale è stata rimossa la scala per questioni di spazio), mi rendo conto che il mio limite aveva qualcosa di reale: mi sento paralizzata dai glutei in giù, i muscoli intasati di acido lattico e le gambe di legno. Tanto ci aspetta un trasferimento.


Grazie alla chat con un collega Greco, ho avuto qualche dritta sulla Penisola del Pelion, dove ci dirigiamo seguendo le sue preziose indicazioni.

Arrivando da Volos procediamo lungo il perimetro della penisola verso sud con una sosta nella bellissima Platanias. Il Pelion è tutta curve, monti e mare: prima di poter risalire la costa est, ci troviamo ad arrampicarci lungo una tortuosa e stretta stradina "alpina", con i suoi paesini caratteristici, le case in pietra e legno e le piazze ricche di tavolini all'ombra di giganteschi platani. Il verde delle montagne che arriva fino al mare offre una rassicurante idea di freschezza, l'acqua appare ovunque cristallina, disseminata di piccole baie nascoste tra gli scogli che sembrano fatte apposta per il kayak.
 


Tiriamo sera a Labinion Beach, un eden per lo snorkeling, per poi procedere fino al Campeggio Papa Nero di Ag. Ioannis, ombreggiato, ordinato e collegato al centro paese (ovvero al lusso di un supermercato, taverne, gelaterie a portata di mano) da una piacevolissima passeggiata lungo mare. È il momento giusto per una sosta di più giorni ricca di nuotate, salti tra le onde e serate in taverna. 



Docce a volontà, cartoline per i nonni e lavelli per i piatti completano il "pacchetto comfort". Dalla spiaggia del campeggio arriviamo in kayak fino al minuscolo e incantevole porticciolo di Damaouchari, dove sono state girate alcune scene del musical “Mamma Mia” e il mare è così ricco di vita e di colori (vediamo un vermecane!) che i ragazzi scelgono di fare l’ultimo tratto di rientro a nuoto mentre noi facciamo da barche di appoggio agli atleti.
 
 

Il collega greco ha detto di non perdersi assolutamente Milopotamos, quindi un bel giorno si riparte: pochi km e parcheggiamo come sempre vista mare.





Vediamo un altro polpo, esploriamo le insenature e saltiamo le onde anche qui (grazie al tipico Meltemi). 


In spiaggia c'è sia una taverna che una doccia! Usufruiamo di entrambe e andiamo a letto puliti e contenti.
 

Nonostante questo paradiso terrestre (effettivamente un po’ caldo), la metà maschile dell'equipaggio torna a soffrire di crisi di astinenza da montagna: con una tappa più lunga ci trasferiamo ad ovest. Ho letto, su vari diari di viaggio, del Parco Naturale dei Monti del Pindo a Nord di Ioannina, al confine con l’Albania. L'ufficio turistico sulla strada per Monodendri ci fornisce indicazioni su escursioni e punti panoramici, precisando che non esistono campeggi in tutto il parco: "Dormite dove volete, ma vi suggeriamo di restare vicino ad un paese, perché abbiamo gli orsi".
 

Passiamo ben 3 giorni in questa Grecia inaspettata, che ci appare come un mix tra il Grand Canyon, la savana e una foresta pluviale. 




A Vradeto avvistiamo un ghiro, una lepre e tre stelle cadenti, ma nessun orso. 
Ormai esperti per necessità nell'approvvigionamento di acqua, scorgiamo a distanza qualsiasi somiglianza ad una fontana e, in mancanza di queste, abbiamo imparato a chiedere. 
Nel paesino di Kapesovo finiamo per caricare 4 taniche, lavare la frutta e sciacquare la  GoPro direttamente nel giardino di una casa, grazie alle indicazioni di due anziane signore che a gesti e "Panoa! Panoa!" (?? o qualcosa di simile) ci guidano verso la canna di irrigazione.

 
Attraversiamo i ponti di pietra di Kipi; ci affacciamo alle profondissime gole di Vikos dal punto panoramico di Oxia e da quello ancora più impressionante di Beloi; a Micro Papigo camminiamo lungo il corso del fiume saltando le piscine naturali create dal suo scorrere; ci rinfreschiamo sotto le cascate di Iliochori; mangiamo carne (in particolare deliziosi suflaki di agnello) nella taverna di Megalo Papigo e soprattutto, per la gioia degli uomini, dormiamo freschissimi a 16-18 gradi.
 
 



Per par condicio si decide di dedicare gli ultimi due giorni greci al mare anche per pulire per bene l'attrezzatura da spiaggia prima di riporla definitivamente. Comincia un'estenuante e fallimentare ricerca di un campeggio tranquillo su e giù per la costa ovest tra Parga e dintorni. Non basta vagare 370km per trovare quello che per noi significa "tranquillo": è la settimana di ferragosto, camper e tende sono ammassati uno sull'altro, radio e televisioni fanno da contorno senza alcuna delimitazione tra piazzole e spesso nemmeno tra zona auto e zona camper. Probabilmente viziati da troppi anni negli spazi immensi del nord, non riusciamo ad accettare queste sistemazioni. Stremati ed esausti, a mezzanotte ci fermiamo al porto di Plataria e di primo mattino riaccendiamo il motore puntando sul sicuro: 480 km e siamo di nuovo al Campeggio Areti.
 

Tra l'altro l'idea di far coincidere tappa iniziale e finale del tour ci ispira pensieri profondi sul ciclo della vita, la ruota che gira e altra pseudo filosofia adattissima ad una serata sotto la veranda. Le piazzole vista mare sono affollate anche qui, ma noi rinunciamo volentieri alla pole-position in cambio di uno spazio vitale appropriato. In questo campeggio non esistono né musica né animazione né beach bar; esiste il silenzio che piace a noi.
 

Gonfiamo ancora una volta i kayak. Sentendoci ormai abili rematori, osiamo avventurarci fino ad un'isola che a inizio vacanza avevamo ritenuto troppo lontana e con l'ultimo tuffo Nadia incontra, anzi si scontra, con una medusa. Questa ci mancava!




Salutiamo la Grecia con un gran finale nella "nostra" Fish Tavern e quindi, memori dell'incubo frontiere, calcoliamo la partenza prevedendo un attraversamento notturno della Serbia. Forse però non esistono "orari intelligenti": un'ora di coda tra Macedonia e Serbia e ben altre 3 tra Serbia e Croazia. Dormiamo in un autogrill croato appena passato il confine e poi dritti in Slovenia, dove ci sembra di essere finiti in Svizzera. Non esiste una cartaccia per terra, le aree di sosta sono dotate di wc puliti (mimetizzati dietro raffinate strutture di legno) e ordinati cestini per la raccolta differenziata! 


A Bovec, nel cuore del Parco Naturale del Triglav, ci tuffiamo nell'Isonzo, riabituandoci all'acqua dolce e frizzante, e ci fermiamo per la notte nella quiete assoluta del bosco. Il giorno successivo, superando la disabitata frontiera Slovenia-Italia, gioiamo con profonda gratitudine a Schengen. 


La strada scorre veloce fino a Milano, mentre i pensieri scorrono già verso la prossima meta.



Nessun commento:

Posta un commento