DIARIO DI VIAGGIO IN CAMPER NELLE ALPI OROBIE:
RIFUGIO BRUNONE E DESIDERI IMMATERIALI
Sarebbe
il primo sabato scolastico, ma ieri c’è stato un festeggiamento epocale. Dopo
un tale evento, una mattina dietro ai banchi sarebbe una stonatura
indigeribile.
Ci
svegliamo con calma, ci dirigiamo verso la Valseriana e in tarda mattinata
siamo al bar di Fiumenero, in Valbondione, per il caffè.
Saliamo molto lentamente al Rifugio Brunone, ammiriamo uno stambecco solitario che fa da vedetta, ci concediamo riposini sui prati e pause rinfrescanti ai torrenti in questa giornata caldissima, e arriviamo al Brunone.
Oltre alle stelle, il cielo ci mette del suo e regala a Nadia (e a tutti noi) perfino la luna piena.
Calato il buio, dopo parecchi esperimenti di foto in notturna, fissiamo la GoPro, allunghiamo il tempo di esposizione e ci lanciamo in inquadrature artistiche: si vede sia il cielo stellato che il mare di nuvole sotto di noi. Sembra di essere su un altro pianeta.
La notte passa come passa sempre sempre nei rifugi:
io crollo in catalessi nel giro di qualche secondo;
Daniele non trova la posizione, il materasso è corto, i piedi poggiano sul metallo della rete e la schiena si inarca, sente ogni cigolio di ogni branda, conta quante volte ciascuna delle 15 persone della camerata si alza (io e Carlo zero, abbassiamo la media, ma Nadia una, Daniele - e una serie di altri - n volte), verso le tre del mattino esce a prendere aria e fare quattro passi a zero gradi.. (poi si domanda perché non riesca a riprendere sonno) e quando albeggia ha già piegato le coperte e riposto il sacco letto.
Dopo un’abbuffata di fette biscottate e marmellata ci incamminiamo verso il Redorta.
Neve e nuvole si confondono in questo mondo sospeso sulle diverse tonalità del bianco. E’ il battesimo del ghiaccio per Carlo e Nadia! Finora avevamo fatto insieme qualche nevaio, ma mai ghiacciai veri.
Legambiente reciterebbe un requiem.
Resta
l’emozione della prima volta e dei ramponi veri.

Passato il ghiacciaio, le
roccette che portano in cresta mi mettono in difficoltà. La roccia è bagnata
fradicia per le nevicate di settimana scorsa e paurosamente friabile.
Ogni appiglio mi resta in mano, i piedi scivolano su uno sfasciume che sembra ghiaia.
Il Garmin indica che mancano solo 200m di dislivello alla vetta del Redorta: restiamo a lungo incerti; prevale la prudenza. Un bel po' di amarezza ci invade, non si faranno mai grandi cose se non si osa rischiare, però il vero alpinista sa tornare indietro, ma c’eravamo quasi, chissà la vista da lassù, probabilmente non tanto diversa da qui, sarebbe stato un bel regalo di compleanno, anche una gamba rotta? Basta, la mamma ha paura, si scende. Il Redorta resta, tornerete voi un domani.
Diamo un’ultima occhiata ai due versanti dal colle e poi giù per rituffarci sotto il mare di nuvole che si è sempre tenuto a distanza, una soffice coperta ai nostri piedi, lasciando all’azzurro del cielo di avvolgerci dall’alto.
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