DIARIO DI VIAGGIO IN CAMPER IN SVIZZERA: FUGA IN VAL BONDASCA PER UN WEEKEND
Venerdì 16 giugno.
Questa volta niente
ponte, niente weekend lungo, niente ferie. Solo la stanchezza accumulata da una
settimana fuori casa, un pò di preoccupazione per Nadia, sotto
antibiotici e cortisone per via di gambe coperte da bubboni, diagnosticate come
morsicate di ragno (nella giungla milanese??), e una notte di tormento per
Daniele, in preda a disturbi intestinali per causa non identificata. Sono indizi premonitori! Abbiamo le difese basse! La casa è
un disastro, il cesto della biancheria straripante non si chiude più, la
valigia in sala ancora da disfare, ma la salute viene prima di tutto: serve
ricarica urgentemente. Sfruttiamo la presenza a casa dei ragazzi (scuole
finite) per accelerare i preparativi: buttano la spazzatura, fanno la spesa e
preparano i bagagli. Carlo: "Papá, per te ho preso le stesse cose che ho
preso per me. Siamo nella stessa barca: se manca qualcosa a te, manca anche a
me!" Scopriremo che mancano solo i calzettoni. "Io per due giorni non
mi cambio le calze!" Ecco su questo potremmo lavorare, per il resto sei il
tredicenne più fantastico che si possa immaginare, tesoro mio.
Cominciamo con una
pizza a Chiavenna prima di passare il confine, perché amiamo i sapori italiani. In Svizzera imbocchiamo la Val Bregaglia e passiamo la notte al
campeggio di Bondo. Oltre a noi, solo la tendina di un solitario alpinista
polacco. Niente strapazzi, siamo qui per l'ossigeno.
Dormiamo fino a tardi e ci
mettiamo in cammino verso le 10:00 del mattino. Costeggiamo l'impressionante
frana del 2011, ancora drammaticamente visibile, e alle 11:30 siamo alla Capanna Sasc Furä (chiusa).
La via verso la Capanna di Sciora non è percorribile a causa
della frana e comunque non cerchiamo imprese, la meta è questa, godiamoci il
sole, però giusto quattro passi verso il Badile, perchè no? che
spettacolo quella cima.
Puntando in silenzio verso lo spigolo nord del Badile,
arrivati ai lastroni fuori dagli alberi, siamo sottovento e due camosci ci
corrono quasi incontro.
Seguiamo estasiati la loro corsa rapida e agilissima
fino a nascondersi nel bosco. Sarebbe un peccato non proseguire ancora un
pochino: fino a quel colletto, non di più, per vedere cosa c'è dall'altra
parte, poi basta.
Ma queste montagne non sono di granito, dev'essere magnetite: inesorabilmente attratti dalla carica
magnetica dello spigolo, arriviamo a toccarlo.
Nadia (oltretutto esonerata dallo zaino) sta benone, in fondo il
cortisone è dopante, e Daniele si è ripreso: la montagna è una medicina, un
passo dopo l'altro i pensieri cadono a terra come le foglie, persi per strada,
mangiati dai camosci. Mangiamo anche noi: pranzo al sacco e pennichella al sole
e rientriamo al camper in tempo per pucciare i piedi nel torrente.
Domenica
mattina passeggiamo lungo la strada verso Promontogno, visitiamo la chiesa di Nossa Dogna e la torre di avvistamento, scattiamo foto a raffica alla valle baciata dal sole, ai prati pieni di Gigli Martagone e alle nostre facce felici e rientriamo dal sentiero che, scollinando tra i boschi, ci riporta al campeggio.
La giornata è calda, l'acqua del torrente freschissima e la pozza
azzurro-verde, con cascatella e scivolo annessi, diventa la nostra piscina
privata.
È andato via anche il polacco, siamo proprio soli: spargiamo sedie,
tavolo e veranda attorno a noi, gustando lentamente la giornata.
Tornare ai 35° C di Milano oggi è particolarmente duro, mettiamo il CD dei Nomadi a tutto
volume e cantiamo per non pensarci.
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